"Tutto cambia al di là di queste mura.
Qui invece tutto resta uguale, cristallizzato. Siamo un baco che mai si trasformerà in farfalla"

lunedì 26 gennaio 2015

La parola contraria

A Luca i treni sono sempre piaciuti. Fin da bambino, quando chiedeva a sua madre di portarlo alla stazione di Chiomonte per vederli sfrecciare rumorosi sui binari, con lo spostamento d'aria che gli faceva strizzare lievemente gli occhi. Non erano molti, bisognava sapere l'orario, altrimenti si doveva attendere anche un'ora prima di scorgerne uno in lontananza. Luca aveva 6 anni quando suo padre gli parlò per la prima volta del buco nella montagna. Era un caldo pomeriggio autunnale e i pendii erano ricoperti da un variopinto mosaico dalle sfumature rossastre. "Laggiù un giorno faranno una galleria per i treni lunga quasi 60 km". Luca aveva seguito il braccio teso del padre che indicava un punto indefinito al di là della valle. "E qui di treni ne passeranno sempre meno". Quel giorno Luca ritornò a casa con l'immagine del buco che gli frullava in testa. Avrebbe inghiottito tutti i treni, pensava con tristezza. Ancora non sapeva che il progetto di quel foro sarebbe diventato negli anni a venire il principale argomento di discussione delle cene famigliari. Luca e il progetto crebbero insieme, e insieme cambiarono con gli anni. Oggi Luca ha quasi trent'anni, ma il buco non c'è ancora. E ormai sono molti a pensare che mai ci sarà. Perché quella montagna è piena di amianto e uranio e perforarla è una follia, perché il traffico di merci lungo quella linea negli ultimi quindici anni è costantemente diminuito, perché la linea attuale sarebbe comunque in grado di assorbirne 5 volte tanto, perché i 24 miliardi di euro che andrebbero spesi per realizzare il progetto non sono giustificati dai benefici che ne deriverebbero (per la società, si intende, non per chi pensa di lucrarci sopra). Perché, pensa Luca oggi, quei soldi sarebbe meglio spenderli per sanità, istruzione, ricerca, asili nido e pensioni. Luca, con gli anni, ha imparato tante cose. Era ancora un adolescente quando suo padre è tornato a casa con un taglio profondo sulla fronte, a dimostrazione che anche chi manifesta il proprio dissenso in modo pacifico può prendersi una manganellata in testa. Era già un uomo quando circa un anno fa uno scrittore è stato denunciato per essersi espresso contro il progetto, a dimostrazione che la libertà di parola è un diritto sancito dalla Costituzione purché non si tratti di parola contraria.
Luca oggi aspetta un figlio. L'altra sera, appoggiando una mano sulla pancia della sua compagna, gli ha promesso due cose: che lotterà perché possa crescere in una valle non inquinata e che lo porterà alla stazione tutte le volte che vorrà per vedere passare i treni.

Il 10 settembre 2013 la società costruttrice francese LTF denunciò lo scrittore Erri De Luca per istigazione al sabotaggio della TAV in Val di Susa. Il rinvio a giudizio è stato fissato per il 28 gennaio 2015. Dopodomani, in un'aula del tribunale di Torino, il processo non riguarderà una singola persona. In gioco c'è molto di più. C'è l'articolo 21 della Costituzione e il diritto di poter liberamente manifestare la propria opinione.

"Istigare un sentimento di giustizia, che già esiste ma non ha ancora trovato le parole per dirlo e dunque riconoscerlo...
Di fronte a questa istigazione alla quale aspiro, quella di cui sono incriminato è niente"
"Uno scrittore ha in sorte una piccola voce pubblica... suo ambito è la parola, allora gli spetta il compito di proteggere il diritto di tutti a esprimere la propria"
Erri De Luca (La parola contraria)